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lunedì 2 giugno 2014

Di pari bellezza


IO, CLAUDIO – IL DIVO CLAUDIO

di Robert Graves

Due romanzi su Claudio, il quarto Imperatore di Roma, prima e dopo la sua ascesa al potere. Uno stile piano, intimista, ma ricco di anedotti e curiosità interessanti (divertenti, amene, licenziose... o rimarchevoli per crudeltà e depravazione), che ci raccontano la Storia in modo un po' diverso dal solito, permettendoci di amarla di più e di comprenderla meglio. E' romanzata, eppure non sa di vacuo intrattenimento, e non tanto per l'erudizione del suo autore (che peraltro ce la offre in maniera leggera e talvolta giocosa, soffermandosi in particolare su intrighi e complotti, ma anche su gustosi pettegolezzi), quanto piuttosto per la sensibilità con cui viene delineata la discussa figura di Claudio, il nostro io narrante, che qui, prima di tutto, ci appare profondamente umana: un amico che è splendido ritrovare e di cui è possibile fidarsi. E a cui sarebbe bello, magari, poter chiedere consiglio.

Al Ginnasio l'avevamo liquidato come un personaggio storico non particolarmente carismatico: né buono né cattivo, né pazzo (e considerando che il suo governo divide Caligola da Nerone, non è cosa trascurabile), ma poco di più. Per giunta zoppo, malaticcio, balbuziente... Qui, invece, emerge un uomo pieno di fascino, se pur dimesso, cui ci si affeziona con facilità, e che brilla per prudenza, saggezza, ingenuità, intelligenza e buone intenzioni. Ha uno sguardo acuto, ama i suoi libri, e porta le cicatrici di molte sofferenze su di sé. Non è nato per il potere, né vorrebbe detenerlo, ma vi si adegua, ed avendo un gran senso di responsabilità si impegna a fare meglio che può, superando i suoi limiti, dopo che, per anni, è riuscito a sopravvivere celandosi nell'ombra.

I due romanzi sono di pari bellezza, di eguale forza, ma io ho preferito il primo, probabilmente perché copre un periodo di tempo maggiore (dall'omicidio di Cesare all'incoronazione di Claudio) ed è più denso di avvenimenti “succulenti” (delitti e follia)... Inoltre, per forza di cose, ha una fine più lieta.

In nessuno dei due mancano angosce e dolori, e ci viene presentata una selva di personaggi, specie nel primo, che ci colpiranno per motivi differenti, ma che quasi sempre terranno comportamenti censurabili e ci impressioneranno per malvagità (non solo Caligola) o ribalderia. In certe pagine si sentono la paura e l'odore del sangue, ma in altre trapelano l'ironia e l'ammirazione per popoli, persone, usanze...

Per chi ama l'Antica Roma o la buona scrittura.

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